Legambiente, urge una strategia nazionale a tutela degli animali

Cani e gatti nelle case degli italiani quadruplicati negli ultimi 20 anni

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Foto di repertorio

Il benessere degli animali passa per la lotta al randagismo. A confermarlo è “Animali in città 2018”, indagine di Legambiente che analizza i dati forniti dalle amministrazioni comunali e dalle aziende sanitarie locali. Secondo lo studio, infatti, il randagismo rappresenta l’elemento principale di sofferenza e conflittualità per i quattro zampe nonché il costo economico più significativo a carico della collettività. Il quadro della gestione dei canili – con sterilizzazioni, restituzioni e adozioni – rimane stabile: in media tre cani catturati su quattro ritrovano famiglia, ma le differenze sono enormi da Comune a Comune.

La premessa è d’obbligo: il quadro non è completo poiché non tutti gli enti interpellati hanno aderito all’iniziativa. A fornire risposte complete sono stati 1.200 Comuni e 66 Asl che rappresentano, rispettivamente, il 15% delle 7.998 amministrazioni comunali contattate e il 65% delle 101 aziende sanitarie locali.

“Non basta il lavoro messo in campo dagli enti più virtuosi, urge una strategia nazionale – ha dichiarato il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti -.  L’azione dei comuni e delle aziende sanitarie più efficienti è purtroppo una goccia nel mare rispetto a quelle che sono le esigenze nazionali per la gestione di cani e gatti o della fauna selvatica in città, a cominciare dei cinghiali. Di questo argomento, finora, la politica nazionale si è disinteressata, come dimostrano i numeri altissimi del randagismo e dei ‘canili lager’, specialmente nel Meridione”.

Anche quest’anno, sottolinea l’associazione ambientalista, “i dati forniti da Comuni e Asl restituiscono un quadro fortemente disomogeneo e, nel complesso, risultati del tutto inadeguati rispetto all’ingente spesa pubblica di 218 milioni di euro annui, dichiarata per la gestione degli animali nelle nostre città”.

Sono comunque 27 milioni di euro in meno rispetto all’anno precedente, prevalentemente sottratti alla spesa sanitaria, un calo drastico che non aiuta a risolvere difficoltà ad oggi ancora consistenti.  Il grosso dei costi dichiarati è assorbito dai canili rifugio, strutture indispensabili secondo il modello attuale, ma fallimentari rispetto al benessere animale e alla prevenzione del randagismo. In particolare, i comuni dichiarano di spendere il 95% del bilancio destinato al settore per la gestione dei canili, circa 159.163.575,00 di euro della spesa stimata per il 2016. Dichiarano di gestire queste strutture in proprio nell’3,2% dei casi, tramite ditte o cooperative con appalto pubblico nel 30,53% dei casi, tramite associazioni in convenzione nel 46,1% dei casi. Solo un quinto dei comuni tuttavia dichiara di sapere quante siano le strutture dedicate agli animali d’affezione.

L’indagine riguarda le aree urbane perché è lì che si è concentrata la crescita di cani e gatti nelle case degli italiani, quadruplicata negli ultimi 20 anni, e dove questa convivenza sempre più stretta ha bisogno di essere pensata e governata in modo nuovo. Le competenze in materia sono demandate a Regioni e Comuni e, al netto della legge 281 del 1991 per la tutela di cani e gatti, non esiste una normativa nazionale che regolamenti in modo unitario la convivenza tra uomini e animali nei circa 8.000 comuni italiani.

Come detto, la piaga del randagismo rappresenta l’elemento principale di sofferenza e conflittualità per gli animali e il costo economico più significativo a carico della collettività. Il quadro della gestione dei canili – con sterilizzazioni, restituzioni e adozioni – rimane stabile: in media tre cani catturati su quattro ritrovano famiglia, ma le differenze sono enormi da Comune a Comune.

I numeri raccontano, inoltre, che dal 2015 al 2016 crescono le colonie feline monitorare dai Comuni – ci sono 1.600 colonie in più – ma il numero complessivo di gatti scende di 16.000 animali e i cittadini coinvolti sono addirittura 32.000 in meno. Il 100% dei contesti urbani ha gatti liberi più o meno “autorganizzati” in colonie. La corretta gestione delle colonie feline è uno degli elementi che facilita il buon rapporto con gli animali in città o che, al contrario, può ingenerare frequenti conflitti. Solo il 24,4% dei comuni dichiara di monitorare le colonie feline presenti nel proprio territorio e da questi monitoraggi risulterebbero 16.542 colonie, con 139.862 gatti e 10.484 cittadini impegnati.

Variazioni disomogenee anche sul fronte dei regolamenti e delle ordinanze a favore degli animali. Non cambia, inoltre, il quadro delle aree parco dedicate ai cani, prigioniere di una pianificazione urbanistica che non le aveva previste e i dati continuano a restituire una realtà molto differenziata.

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